Altre Citazione ...
— Volevo andare... in un posto — proseguì lui — ma continuavo a sentirmi
trascinato qui. Non riuscivo a smettere di camminare, non riuscivo a
smettere di pensare. Alla prima volta che ti ho visto e a come, da
quella volta, non sono più riuscito a dimenticarti. Ho cercato, ma non
ci sono riuscito. Ho fatto in modo che Hodge mi mandasse a prenderti per
portarti all'Istituto. E anche allora, in quello stupido caffè, quando
ti ho visto sul divanetto con Simon, sentivo che c'era qualcosa di
sbagliato: dovevo esserci io con te, su quel divanetto. Dovevo essere io
quello che ti faceva ridere così. Non riuscivo a liberarmi da quella
sensazione. Che dovevo essere io. E più ti conoscevo, più lo sentivo.
Non mi era mai successo prima. Prima succedeva che desideravo una
ragazza e poi la conoscevo e poi non la desideravo più. Ma con te la
sensazione era sempre più forte, fino alla notte in cui sei arrivata a
Renwick e ho capito.
E poi scoprire il motivo per cui mi sentivo
così, come se tu fossi una parte di me che avevo perduto e di cui non
sapevo nemmeno di sentire la mancanza, finché non ti ho rivisto.
Scoprire che era perché tu eri mia sorella mi parve davvero una specie
di scherzo cosmico. Come se Dio mi stesse sputando in testa. Non so
nemmeno io per cosa, forse per aver pensato che potevo averti, e
meritare una cosa bella come te, ed essere felice. Non riuscivo a
immaginare cosa potevo aver fatto per essere punito in questo modo.
—
Se tu sei stato punito — disse Clary — sono stata punita anch'io.
Perché tutte le cose che tu sentivi le sentivo anch'io. Ma non
possiamo... Dobbiamo smettere di sentirci così, perché è la nostra unica
possibilità.
Le mani di Jace erano strette ai suoi fianchi. — La nostra unica possibilità per cosa?
—
Per poter continuare a vederci. Perché altrimenti non potremo più stare
vicini, nemmeno nella stessa stanza. E io non potrei sopportarlo.
Preferisco averti nella mia vita anche solo come un fratello, piuttosto
che non averti affatto.
— E io dovrei starmene seduto a guardare
mentre tu esci con altri ragazzi e t'innamori di qualcun altro e ti
sposi...? — Gli si indurì la voce. — E nel frattempo, guardando te,
morirei un po' ogni giorno.
— No. Per allora non te ne importerà più
nulla — replicò Clary. Ma si chiese, mentre parlava, se lei avrebbe
potuto sopportare l'idea di un Jace a cui non importava. Non aveva mai
pensato così in là nel tempo. Quando cercò di immaginare se stessa che
guardava Jace che si innamorava di un'altra e la sposava, non riuscì
nemmeno a figurarselo, non vide niente se non un tunnel nero e vuoto,
davanti a lei, che si allungava all'infinito. — Ti prego. Se non diciamo
niente... se fingiamo...
— E impossibile fingere — disse Jace con
assoluta chiarezza. — Io ti amo e ti amerò fino alla morte e, se c'è una
vita dopo la morte, ti amerò anche allora.
Clary trattenne il
respiro. Le aveva dette. Le parole da cui non si tornava indietro. Cercò
disperatamente qualcosa da dire, ma non le venne niente.
— E so che
pensi che io voglia stare con te solo per... per dimostrare a me stesso
che razza di mostro sono — aggiunse Jace. — E forse sono davvero un
mostro. Non so rispondere. Ma quello che so è che, se c'è sangue di
demone in me, c'è anche sangue umano. E non potrei amarti come ti amo,
se non fossi almeno un po' umano. Perché i demoni vogliono. Ma non
amano. Io invece... Jace si alzò, mosso da una sorta di furia
improvvisa, e si avvicinò alla finestra. Sembrava smarrito smarrito come
lo era stato nella Sala degli Accordi, davanti al corpo di Max.
[...] Ho passato questi ultimi giorni a chiedermi se mi odiavi. E quando ti ho visto stasera ero quasi sicuro di sì.
—
Odiarti? — le fece eco Jace, stupefatto. Le sfiorò il viso con
delicatezza, solo con la punta delle dita. — Ti ho detto che non
riuscivo a dormire. Domani a mezzanotte, o saremo in guerra o saremo
servi di Valentine. Questa potrebbe essere l'ultima notte della nostra
vita, sicuramente l'ultima notte normale, anche se solo vagamente.
L'ultima notte in cui andremo a dormire e ci sveglieremo come sempre. E
tutto quello che riesco a pensare, è che voglio passarla con te.
Il cuore di Clary fece una capriola. — Jace...
—
Non in quel senso — precisò subito lui. — Non ti toccherò nemmeno con
un dito, se non vuoi. So che è sbagliato... Dio, è tutto così
sbagliato... Ma voglio solo sdraiarmi con te e svegliarmi con te, una
volta sola, una volta sola nella vita. — C'era disperazione nella sua
voce. — È solo questanotte. Nel grande schema della vita, quanto può
contare una notte?
Pensa a come ci sentiremo domattina. Pensa a
quanto sarà più difficile fingere che non c'importa niente l'uno
dell'altra davanti a tutti, dopo che avremo passato la notte insieme,
anche se sarà solo per dormire. Sarà come assaggiare una droga: ci farà
solo desiderare di averne ancora.
Ma era per questo che Jace le
aveva detto tutto ciò, capì Clary. Perché non era così, non per lui: non
c'era niente che potesse peggiorare ancora le cose, come non c'era
niente che potesse migliorarle.
Quello che sentiva Jace era
definitivo come una condanna all'ergastolo. E lei? Poteva forse dire che
era molto diverso, per lei? E anche se sperava che potesse essere
diverso, anche se sperava di potersi un giorno convincere, con il tempo o
con la ragione, o per progressivo logoramento, di non provare più quei
sentimenti, non importava. Non c'era niente che avesse mai desiderato
nella vita più di quella notte insieme a Jace.
Shadowhunters -Città di vetro- capitolo 14
Nessun commento:
Posta un commento